COMUNICATO STAMPA
Presentato il primo Libro Bianco della Logopedia, a cura della Federazione Logopedisti italiani
Covid-19, boom del 30% di richieste di intervento per i logopedisti
Ma in Italia ne mancano 10 mila rispetto alla media europea
L’incremento dei ricoveri in terapia intensiva e dei pazienti intubati ha aumentato del 30% i casi in cui è stato necessario un percorso riabilitativo. Gli specialisti hanno fanno fatto di tutto per rispondere all’emergenza, tramite la tele-riabilitazione e linee guida ad hoc per una possibile assistenza anche a distanza. Ma sono pochi (40% in meno rispetto alla media europea), così il rapporto con il paziente è spesso costretto a interrompersi. Per la prima volta un’indagine approfondita fa il punto sullo stato della logopedia nel nostro PaeseRoma, lunedì 22 novembre 2021 – Non solo dislessia, balbuzie, disfagia, disturbi dell’apprendimento e del linguaggio. Con la pandemia le richieste di un loro intervento sono schizzate alle stelle (+30%) per la riabilitazione del linguaggio dei pazienti dimessi dalle terapie intensive. Per tutta risposta i logopedisti si sono subito attrezzati, in due modi: attivando un sistema di logopedia a distanza e tele-assistenza molto efficace e varando per primi delle linee guida che sono state subito prese a modello all’estero. Ma tutto questo è avvenuto sulle spalle di una categoria drammaticamente sottodimensionata per numeri: basti pensare che nel nostro Paese ci sono circa 15 mila specialisti, 24 ogni 100 mila abitanti, contro una media europea di 40 per 100 mila. Calcolando i consueti 60 milioni di abitanti, parliamo di 10 mila professionisti mancanti. Le difficoltà per la categoria dunque sono aumentate, nonostante medici, pazienti e caregivers siano consapevoli dell’importanza cruciale di questa figura per la salute del cittadino. È la fotografia che emerge dal primo “Libro Bianco della Logopedia”, un’indagine sul modo in cui viene vissuto il ruolo del logopedista sia dalle altre professioni sanitarie sia dal management del sistema sanitario. Realizzato dalla società di ricerche demoscopiche Datanalysis, ha coinvolto 2.100 tra medici di famiglia, pediatri, geriatri, neurologi e fisiatri e 200 tra direttori generali e direttori sanitari di Asl e Aziende ospedaliere, in tutta Italia. Si attende ora di vedere come si potrà agire tramite il PNRR anche in questo settore. Il volume e l’indagine relativa sono stati presentati oggi a Roma dalla Federazione dei Logopedisti Italiani (FLI, www.fli.it).
Il boom di richieste di riabilitazione logopedica, durante la crisi scatenata dal Covid-19, ha una spiegazione: “Gran parte dei pazienti che sono finiti in terapia intensiva devono riacquisire alcune capacità primarie – spiega Tiziana Rossetto, logopedista e presidente FLI –. Dopo aver trascorso anche trenta o sessanta giorni in rianimazione, infatti, è necessario per molti, soprattutto se adulti o anziani, seguire un preciso percorso di riabilitazione per ricominciare a parlare, a deglutire o a mangiare correttamente. L’intubazione prolungata, per esempio, ha conseguenze sia sulla fonazione che sulla deglutizione, due specifici campi di competenza del logopedista”.
All’emergenza da Coronavirus i logopedisti hanno saputo rispondere nel migliore dei modi: “Nel giro di pochissimi giorni dall’inizio del primo lockdown, per esempio, abbiamo avviato la tele-logopedia, che ci ha permesso di garantire una continuità assistenziale a tutti coloro che già seguivano un percorso terapeutico – ricorda la presidente –. Inoltre abbiamo redatto, primi in Europa, le linee guida per la gestione del Covid-19, mettendo a punto un documento che è stato preso a modello da diversi altri Paesi, inclusi gli Stati Uniti”.
Nonostante questo sforzo, però, i logopedisti devono fare i conti con organici ancora notevolmente inferiori a quelli presenti nel resto dell’Europa: nel nostro Paese ci sono circa 15 mila specialisti, 24 ogni 100 mila abitanti, contro una media europea di 40 per 100 mila. “E pensare che la nostra professione è ai primi posti nella scelta delle giovani matricole tra le 22 professioni sanitarie. Ma i circa 840 laureati che si registrano ogni anno in Italia non sono abbastanza per colmare il divario con gli altri Paesi”, aggiunge Tiziana Rossetto. E le conseguenze di questa carenza sono purtroppo a carico del cittadino e paziente: “Per fare solo due esempi, le liste d’attesa superano ormai un anno; inoltre adulti e anziani in fase acuta e cronica (quali post ictus con afasia, malattie croniche degenerative, demenze) non possono essere presi in carico malgrado le evidenze scientifiche dimostrino l’efficacia dell’intervento di cura da parte del logopedista”.
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