In occasione della “Giornata nazionale per i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza” (20 Novembre), il Laboratorio per la Salute Materno Infantile e Dipartimento di Salute Pubblica dell’IRCCS Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri ha presentato un indice, frutto della valutazione di più parametri, al fine di permettere una sintetica rappresentazione della situazione esistente nelle diverse regioni italiane.
Disporre di risorse o ricchezza non vuol dire vivere nel benessere, dipende infatti dall’impiego che ne viene fatto delle risorse. Ci sono nazioni con un elevato livello di reddito medio, ma con un basso livello del benessere della società e con molte diseguaglianze al proprio interno (pochi con tanto e molti con poco, distribuiti anche in modo non casuale sul territorio).
Quindi le condizioni di una nazione non sono espresse da quanto produce una nazione (il prodotto interno lordo, per esempio), ma come sta la sua popolazione: la possibilità di condurre una vita lunga e sana, di acquisire conoscenze, di accedere alle risorse necessarie a un tenore di vita dignitoso.
Tre ambiti o dimensioni con cui si definisce il benessere stabilito dalle Nazioni Unite nel 1993 e chiamato “indice di sviluppo umano” di una nazione e della popolazione che vi risiede. un indicatore di sviluppo macroeconomico realizzato nel 1990 dall’economista pakistano Mahbub ul Haq e dall’economista indiano Amartya Sen Premio Nobel per l’economia nel 1998.
Per ciascuno dei tre ambiti vengono considerati degli indicatori, quali la durata della vita, gli anni di vita in buona salute, l’alfabetizzazione degli adulti, la scolarità, e ovviamente anche il prodotto interno lordo. L’insieme costituisce un indice (un numero) con il quale si può misurare di anno in anno l’andamento dello sviluppo di ogni nazione, ma anche poter confrontare una nazione con un’altra.
Con lo stesso approccio si può procedere a misurare i traguardi raggiunti anche tra le regioni di una nazione e quindi le differenze di benessere tra la popolazione di uno stesso paese. Questo approccio serve per evidenziare quali sono le mancanze in un territorio rispetto ad un altro così da poter intervenire in modo più appropriato nelle singole realtà. Nel 2005 costruimmo l’indice di sviluppo umano per le singole regioni italiane e descrivemmo la riduzione del benessere al scendere dal nord al sud della penisola: il doppio tra Trentino-Alto Adige e Sicilia. I provvedimenti sinora attuati non hanno ridotto la differenza correlata alla latitudine ne ridotto le disuguaglianze interregionali. Disuguaglianze che caratterizzano la popolazione italiana sin dal nascere e crescere indicando quindi che la Convenzione dei Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza (CRC) approvata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 20 novembre 1989 e ratificata dall’Italia (Legge 176) il 27 maggio 1991, sebbene attuata necessita ancora di essere applicata appieno.
Abbiamo quindi costruito un apposito indice che è il risultato sintetico analizzando 25 indicatori che facessero riferimento ad altrettanti articoli della CRC e in particolare alle caratteristiche dei bambini e ragazzi residenti nelle singole regioni, dei diritti civili (p. es. fede e pensiero), famiglia (p.es. adozione, supporto dei servizi sociali), salute (p.es. servizi dedicati), istruzione (p.es. abbandono scolastico), misure di protezione (p.es. lavoro minorile, stranieri non accompagnati). Sulla base dei risultati, ancora preliminari, abbiamo ridisegnato la cartina geografica dell’Italia, tenendo conto di quanto sinora fatto nelle singole regioni usando i dati ufficiali pubblicati dalle istituzioni pubbliche pertinenti. Ne è risultata un’altra Italia con il ridimensionamento sostanziale di alcune regioni (p.es. Sicilia, Sardegna, Liguria). Una Sicilia molto più piccola di quella che conosciamo dalla cartografia di riferimento e una Valle d’Aosta più grande del reale. La Valle d’Aosta ha fatto mediamente, ma comunque non per tutti gli articoli considerati. di più per i diritti dell’infanzia rispetto alle altre regioni Una fotografia indicativa che c’è bisogno ancora di impegno, di mezzi e volontà; non solo istituzionali, ma da parte di tutti, in particolare in alcune condizioni di contesto.
Fonte: Sole 24 Ore Sanità