La notizia riportata qualche giorno fa da QS news, evidenzia che i bambini e gli adolescenti italiani occupano la 22° posizione sui 29 Paesi più avanzati nella classifica che valuta il livello di benessere. E’ quanto emerge dalla relazione presentata l’11 Giugno dal Garante per l’infanzia e l’adolescenza, Vincenzo Spadafora, in Senato alla presenza del presidente, Piero Grasso, e del ministro della Giustizia, Annamaria Cancellieri.
In base agli ultimi dati Istat, in Italia vivono in situazione di povertà relativa 1.822.000 minorenni, pari al 17,6% di tutti i bambini e gli adolescenti. Il 7% dei minorenni vive in condizioni di povertà assoluta, pari a 723.000 persone di minore età; la quota è del 10,9% nel Mezzogiorno, a fronte del 4,7% nel Centro e nel Nord del Paese.
Il dato che più di altri indica il fallimento delle politiche sinora adottate è quello relativo al rischio di povertà ed esclusione sociale per i bambini e gli adolescenti che vivono in famiglie con tre o più minorenni: esso è pari al 70% nel Mezzogiorno a fronte del 46,5% a livello nazionale. Settanta su cento minorenni che nascono in una famiglia numerosa del Mezzogiorno d’Italia rischiano di essere poveri.
Nel complesso, L’Italia, che segue Spagna, Ungheria e Polonia e precede Estonia, Slovacchia e Grecia, risulta il Paese con il tasso ‘Neet’ più elevato tra tutti i Paesi industrializzati, dopo la Spagna. L’11% dei giovani tra 15 e 19 anni non sono iscritti a scuola.
Per quanto concerne le abitudini alimentari, se un bambino o un ragazzo su cinque consuma giornalmente frutta e verdura, preoccupa che ce ne sia uno su quattro che abbia un peso ponderale eccessivo e che la stessa quota non pratichi alcuna attività fisica. Da segnalare poi che tra gli adolescenti risulti una quota consistente di fumatori (quasi 9%) ed ex-fumatori (3,5%) a cui bisogna aggiungere anche il 5% dei giovani che ha un consumo di alcol rischioso per la salute. Come è stato anche recentemente rilevato, se è vero che i nostri bambini e ragazzi leggono di più degli adulti (il 57% dichiara di aver letto libri), si dedicano ancor di più all’uso del PC (62%) e di Internet (64%).
In positivo si registra che l’Italia è al quartultimo posto per le gravidanze in età adolescenziale, essendosi ridotto il tasso di fertilità tra le adolescenti di un terzo nel corso degli anni 2000. Da rilevare anche il più basso tasso di mortalità infantile in Europa meridionale (9° posto nella graduatoria complessiva). In Italia i bambini sono esposti a uno dei livelli più elevati di inquinamento atmosferico tra tutti i Paesi industrializzati (26° posto).
Gli studenti italiani sono al 24° posto su 29 Paesi per il rendimento scolastico (test PISA: letteratura, matematica e scienze), nonostante il miglioramento (+10%) rispetto al 2000. Sono confermate dall’indagine Unicef l’eccellenza della nostra scuola per l’infanzia con il 6° tasso più alto di iscrizione prescolare, alla pari con la Norvegia, e le difficoltà nell’istruzione superiore (dove siamo solo al 22° posto per tasso di iscrizione alle secondarie superiori).
Cifre che hanno indotto Vincenzo Spadafora a lanciare un vero e proprio grido d’allarme. “Se la classe dirigente di questo Paese, e intendo non solo quella strettamente politica ma tutti coloro che hanno qualsivoglia responsabilità nella crescita e nello sviluppo dell’Italia, non modifica l’approccio verso i temi dell’infanzia e dell’adolescenza, sostituendo l’atteggiamento quasi caritatevole che ha avuto sinora con un’azione organica di lungo periodo che dimostri di cogliere il valore cruciale delle giovani generazioni; se, in sostanza, non riusciremo a produrre un radicale cambiamento di visione in coloro che possono fare qualcosa, anzi molto, nei confronti dei bambini e degli adolescenti, noi consegneremo alle future generazioni un Paese socialmente disintegrato. Non solo: un Paese responsabile di essere rimasto indifferente nei confronti di una parte rilevante e strategica del proprio capitale umano”.
Anche l’intervento del presidente del Senato, Piero Grasso, ha sottolineato la gravità della situazione. “Non siamo più di fronte ad un disagio sociale; dobbiamo parlare di una vera e propria “questione sociale” da porre al centro dell’attenzione e dell’azione pubblica. Sicuramente le cause di questa drammatica situazione sono da ricercare nella crisi economica, ma non è solo così. Siamo di fronte ad un impoverimento morale, dove le parole giustizia, cultura e tutela dei diritti fondamentali sembrano essere scomparse dal vocabolario e dal tessuto sociale”.
Grasso ha poi ricordato che “a fronte di un aumento del reddito globale nella parte ricca del mondo che va dal 100 al 200 per cento negli ultimi cinquant’anni, una percentuale significativa dei bambini continua a vivere in famiglie in condizioni di povertà tali da mettere a rischio la loro salute e il loro sano sviluppo”.
Una quadro che dimostra “il reddito delle famiglie non può essere l’unica misura per rappresentare il benessere dei bambini nei paesi cosiddetti ricchi, ma è necessario affiancare ai convenzionali indicatori della crescita economica, statistiche più direttamente correlate alla vita delle persone, allo sviluppo umano, in termini di istruzione, salute, democrazia, equità sociale, tessuto relazionale”.
Le conseguenze di “una mancata protezione e promozione del benessere infantile sono pesantissime e si ripercuotono nelle fasi successive della vita di un bambino. In quest’ottica non possiamo ignorare le difficoltà in cui versa il sistema scolastico, spesso privo di risorse. La compromissione di un corretto sviluppo cognitivo porta a risultati scolastici scarsi; la scolarità carente determina competenze ridotte che inducono bassi livelli di produttività e reddito; da qui discendono alti tassi di disoccupazione e una maggior dipendenza dallo stato sociale; il risultato finale è una sempre maggiore diffusione di comportamenti antisociali e il coinvolgimento in attività criminali. Può sembrare brutale detto così, ma questa è una realtà per il 10 per cento della popolazione italiana. Un bambino, un ragazzo, un adulto su 10. Ora, se esistesse un solo dovere per una democrazia evoluta, questo consisterebbe nel saper offrire a ciascun suo figlio uguali opportunità di crescere, studiare, migliorarsi”.